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LA MALEDIZIONE DELLO SCORPIONE DI GIADA
(THE CURSE OF THE JADE SCORPION)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 17 ottobre 2001
 
di Woody Allen, con W.A., Dan Aykroyd, Helen Hunt, Charlize Theron (Stati Uniti, 2001)
 
Allegri, coloro che lamentavano un Woody Allen non abbastanza comico e troppo intellettuale. Ritroveranno il loro omino favorito, nei panni di un adorabile, umanissimo ed esilarante investigatore assicurativo. LA MALEDIZIONE DELLO SCORPIONE DI GIADA avrebbe potuto essere un film sul solito scasso: in effetti, sul filo di una sceneggiatura miracolosamente articolata, è qualcosa che bisogna diffidare dal liquidare frettolosamente. Carica di significati, apparentemente scanzonati, che si irradiano in tanti versi, una riflessione sulla solitudine e la fragilità dell'invecchiare, la ricerca dell'affetto, la perdita dell'identità. Tutto ciò, e scusate se è poco dietro il velo raffinatissimo delle citazioni: al profumo del cinema noir degli anni Quaranta, ma pure a quello da guerra dei sessi di tante commedie. Impossibile, dietro la fragilità crescente dell'ultimo Allen, non riconoscere altri rapporti, quelli tragicomici che legavano i Cary Grant alle Katherine Hepburn. Ma pure, quelli più ambigui, permeati di erotismo e violenza latente, dei film di Wilder, Hawks, Siegel: gli Humphrey Bogart, la Lauren Bacall o la Veronica Lake che spuntano ad ogni istante di LA MALEDIZIONE DELLO SCORPIONE non nascono mai dalla nostalgia o dal capriccio decorativo e gratuito. Servono a divertirci, ma pure a sconcertarci.

Dietro l'irresistibile, paradossale amalgama di attrazione e rifiuto (viscido verme, mi fai ribrezzo ma vengo a letto con te, dichiara all'ometto la bionda di gran lusso), su dei dialoghi dall'intelligenza incomparabile nel cinema americano contemporaneo, attori strepitosi (osservare cosa fanno Helen Hunt o Charlize Teron) accendono un irresistibile, disincantato fuoco d'artificio. Certo, con la fatuità, per chi ne è allergico, di queste manifestazioni. Ma pure la magia incantevole di una meccanica che non è mai fredda; dietro ad ogni battuta (e Dio sa se ce ne sono) si nasconde la ricerca dell'uomo autentico, di tutte quelle piccole rivelazioni che rendono il quotidiano degno d essere vissuto. Fra le pieghe del delizioso umorismo del film c'è costantemente il desiderio di scavare nelle relazioni umane. Dietro il tono ridanciano, la voglia di scoprire ancora quali sorprese queste potranno ancora riservarci.

La vera maledizione di Woody Allen è quella di averci viziato: a furia di essere, ad ogni colpo, troppo bravo. Quella del suo film è di non essere semplicemente, tremendamente divertente.


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